Sistema ottico – processo di formazione dell’immagine

Sistema ottico – processo di formazione dell’immagine

Il processo di acquisizione dovrebbe avvenire idealmente: in un tempo infinitesimo; con fotoni che non dovrebbero subire alcuna deviazione nel loro tragitto; con una fotocamera capace di acquisire un fascio parallelo sia in senso trasversale che longitudinale. Il tomografo ottico si allontana ovviamente da queste condizioni teoriche. Per cercare di progettare e mettere a punto ulteriormente il sistema sono state effettuate misure e simulazioni numeriche in modo da valutare e migliorare le prestazioni del banco ottico.

ANALISI DEL PROCESSO DI FORMAZIONE DELL’IMMAGINE

In ogni processo di formazione dell’immagine si individuano generalmente tre componenti essenziali: una sorgente un oggetto e un sistema di rilevazione.

Normalmente i dispositivi CCD acquisiscono due tipi di immagini: quelle in emissione ed in riflessione. Il funzionamento dello scanner presente nel laboratorio prevede invece l’acquisizione di immagini in trasmissione: il segnale emesso dalla sorgente viene modulato nell’attraversare l’oggetto e poi rilevato.

Schematicamente si può rappresentare un generico processo individuando i tre piani della sorgente, dell’oggetto rappresentato da un piano e del rilevatore, e definendo i tre rispettivi sistemi di coordinate come illustrato in Figura 1.

Figura 1   Sistemi di coordinate nei tre piani

E’ importante sottolineare l’assenza di una corrispondenza biunivoca tra punto del piano sorgente e punto del piano rilevatore. La sorgente costituita dalla light-box emette da ogni punto della sua superficie un fascio di fotoni isotropo. Si deve però cercare di selezionare un set di direzioni per il fascio proveniente dalla sorgente. A questo provvede il sistema ottico (costituito dalla lente del CCD) che permette di selezionare per ogni pixel del chip solo una serie di piccoli angoli solidi. Considerando una sorgente S di raggi X collimata di intensità I0: il fascio, passando attraverso la materia, viene attenuato e l’intensità I del raggio trasmesso, misurata da un rivelatore D (detector), risulta quindi minore di I0.

Figura 2   Vista tridimensionale del tomografo ottico per il dosimetro di Fricke

La riduzione dell’intensità del fascio nell’attraversare uno spessore dx di materia è rappresentata matematicamente dalla formula:

dove µ rappresenta la probabilità per unità di percorso dx che avvenga un’interazione ed è il parametro caratteristico relativo alla penetrazione e diffusione delle radiazioni x in un mezzo;  si chiama “coefficiente di attenuazione lineare”.

INTERAZIONE DELLA LUCE CON LA MATERIA

I mezzi di propagazione costituiti da diversi tipi di molecole, non sono omogenei dal punto di vista ottico e hanno un indice di rifrazione maggiore di uno. Quando una radiazione monocromatica incide su di un campione, i fotoni della radiazione, che non vengono riflessi all’interfaccia, possono essere assorbiti, aumentando così l’energia del campione, oppure essere diffusi in direzioni diverse da quella incidente. I fenomeni principali che governano l’interazione di un’onda elettromagnetica di bassa energia con la materia sono l’assorbimento e la diffusione. Questi due processi dipendono dalla lunghezza d’onda della radiazione e della natura dei mezzi di propagazione.

PROCESSO DI ASSORBIMENTO

La legge fondamentale che descrive l’assorbimento in un mezzo non scatterizzante è data dall’equazione di Lambert-Beer che mette in relazione la variazione di intensità luminosa con la variazione delle proprietà ottiche e fisiche del campione.

 I=I_{0}e^{-\mu x}

(2-2)

Dove con il simbolo I0 si indica l’intensità della radiazione incidente, I equivale all’intensità della radiazione rilevata, x la distanza fra sorgente e rivelatore. Il simbolo µa è il coefficiente di assorbimento del mezzo.

Il coefficiente di assorbimento può inoltre essere espresso in termini di densità é  \rho \left [ g/cm^{3} \right ]  e di coefficiente di estinzione molare   \sigma_{a} \left [ M^{-1} cm^{-1}\right ]   :

 \mu _{a} = \rho  \sigma_{a}

(2-3)

è dunque direttamente proporzionale alla concentrazione, alla struttura e alla composizione chimica. Il coefficiente di estinzione molare, inoltre, dipende dalla lunghezza d’onda, quindi i coefficienti di assorbimento, come quelli di scattering, dipendono dalla frequenza, ma a causa di fattori variabili come i cromofori (componenti che assorbono nella regione spettrale di interesse), non esiste una relazione assoluta e quindi un unico profilo di dipendenza rispetto alla lunghezza d’onda.

PROCESSO DI DIFFUSIONE

Esistono tre tipi di scattering : elastico, quasi elastico ed anelastico. Il campo elettromagnetico della radiazione incidente è in grado di far oscillare la nube elettronica, dalla vibrazione della nube elettronica viene creato un dipolo oscillante e la luce viene diffusa in tutte le direzioni sia alla stessa frequenza della luce incidente sia a frequenze diverse. L’atomo o la molecola, non avendo sufficiente energia per la transizione atomica, continua a rimanere nel suo stato fondamentale. Nel caso di scattering elastico, o di Rayleigh, la luce incidente viene diffusa elasticamente, senza assorbimento di energia e quindi senza spostamento in frequenza della luce diffusa. Il fotone interagisce con una molecola che si trova nel suo stato fondamentale, ma l’energia in gioco non è sufficiente per una transizione ad alcun livello stabile. Le condizioni instabili corrispondono ai livelli eccitati e possono essere uno stato elettronico, rotazionale, vibrazionale o di spin. Quando l’onda incidente ha energia pari alla differenza di energia fra un livello finale eccitato e lo stato iniziale l’atomo va in risonanza.

Lo scattering anelastico avviene, invece, con assorbimento di energia e la luce viene diffusa sia a frequenze più alte (Stokes) sia più basse (antiStokes) della Nello scattering quasi elastico l’onda scatterizzata presenta due componenti una non spostata in frequenza mentre un’altra ha uno shift frequenziale rispetto a quella incidente. Questa componente è dovuta ai moti diffusivi, sia traslazionali che rotazionali, delle molecole quando queste hanno dimensioni molto minori della lunghezza d’onda della radiazione incidente.

Analogamente a quanto fatto per l’assorbimento la legge che regola l’attenuazione del fascio dovuta allo scattering vale:

 I=I_{0}e^{-\mu x}

(2-4)

Dove I0 è l’intensità della radiazione incidente, I è l’intensità della radiazione rilevata, x la distanza fra sorgente e rivelatore e infine µs il coefficiente di scattering dato dal prodotto della densità  \rho  per il valore dello scattering attraverso una sezione  \sigma _{s}   :

 \mu _{s} = \rho  \sigma_{s}

(2-5)

Utilizzando il modello di propagazione dell’onda elettromagnetica le caratteristiche diffusive dei tessuti sono correlate alla loro morfologia, alle variazioni spaziali nella densità e nell’indice di rifrazione.

Il coefficiente totale di attenuazione vale:

 \mu _{t} = \mu _{a} + \mu _{s}

(2-6)

Mentre il coefficiente totale reale di attenuazione vale:

 \mu _{tr} = \mu _{a} + \mu _{s} (1-g)

(2-7)

Per semplificare la notazione in seguito questo coefficiente verrà indicato con il simbolo  \mu  ed eventualmente chiamato coefficiente di assorbimento.

MISURE DELLE CARATTERISTICHE DEL BANCO OTTICO

La Figura 3 riporta la misura effettuata dal rilevatore CCD su di un fantoccio costruito per analizzare la geometria ottica del tomografo. La lente posizionata pochi mm al di sotto del chip del CCD seleziona per ogni pixel una serie di fotoni contenuti all’interno di un piccolo angolo solido. Se il fuoco della lente fosse posizionato ad una distanza infinita il chip del CCD sarebbe in grado di acquisire un fascio di fotoni parallelo. Ogni angolo solido invece confluisce sul fuoco della lente posizionato pochi cm al di sopra del fantoccio. La lente permette di selezionare un FOV tridimensionale contenuto in una piramide avente una superficie di base quasi quadrata.

Figura 3  Proiezione del provino per un certo angolo di rotazione θ

La Figura 4 riporta il calcolo dell’errore prodotto dalla lente del CCD sul parallelismo dell’asse. In ascisse viene riportata la distanza del disco dall’asse centrale (sul quale non è presente distorsione). In ordinate viene riportata la lunghezza in mm dell’asse minore dell’ellisse (prodotto dell’immagine distorta del disco).

Figura 4   Analisi della distorsione prodotta dalla lente del CCD

Il grafico può essere ricavato utilizzando la similitudine dei triangoli attraverso lo schema riportato in Figura 5. I calcoli sono stati verificati sui provini reali.

Il fuoco della lente è localizzato a 330 mm al di sopra della light box (pochi mm al di sopra della lente stessa). Sono state effettuate misure su dischi di diametro diverso.

La provetta in vetro che in questa fase viene utilizzata per contenere il gel di fricke presenta un diametro di 15 mm. Dalla Figura 4 si osserva che un disco di spessore infinitesimo posto a distanza di 10 mm dall’asse centrale, viene fotografato come un ellisse il cui asse minore presenta una lunghezza di circa 0.5 mm.

Figura 5   Schema per analisi della distorsione della lente

Per effettuare la ricostruzione è necessario campionare correttamente una serie di slices perpendicolari all’asse. Se ogni fetta deve avere spessore di 1 mm bisogna effettuare una misura con precisione pari a 0.5 mm (conseguenza del teorema del campionamento di Shannon Aliasing). Di  conseguenza, la distanza dall’asse centrale di 10 mm è un limite al di sopra del quale non si può andare se si vuole effettuare la ricostruzione bidimensionale con un voxel di 1 mm3.

La ROI che può quindi essere analizzata con questo tipo di configurazione presenta una dimensione longitudinale di .

La parte di provetta disposta ai margini del FOV presenta comunque una distorsione massima pari a 2 mm.

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